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riflessioni

Non chiamateci tapascioni

Il noto dizionario Treccani definisce “tapascione” come: “nel gergo dei maratoneti, chi partecipa alle gare senza intenti agonistici, per il puro piacere di portare a termine il percorso”. Già, ecco un termine che suona più come una presa in giro che un complimento. Onomatopeicamente parlando, “tapascione” richiama alla mente un animale della foresta pluviale colombiana, un lontano parente dei bradipi. Non posso fare a meno di odiarlo con tutte le mie forze. Lo trovo sminuente per la maggior parte dei runner amatoriali, o come li chiamo io, “amatori evoluti”.
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Ridurre tutto questo a una banale classificazione tra chi corre a 3 minuti al chilometro e i cosiddetti “tapascioni” è semplicemente ridicolo. Ogni runner ha una storia da raccontare, un motivo per cui corre. Non siamo solo numeri su un cronometro, siamo persone con sogni, obiettivi, sacrifici. Vi siete mai fermati  pensare che fatica possa fare un runner che chiude la maratona in 5 ore??

Allenarsi non è solo una questione di chilometri, è una filosofia di vita. La sveglia che suona prima dell’alba, quando il resto del mondo ancora dorme. Gli allenamenti sotto la pioggia, il vento, il sole cocente. Le scarpe da corsa che diventano un’estensione del proprio corpo, compagne fedeli di ogni passo, di ogni sofferenza, di ogni trionfo. La dieta spesso rigida o controllata in base agli allenamenti e alle gare.
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E per non parlare delle gare come la maratona o la mezza maratona. È bene ribadirlo forte e chiaro: chi “mantiene” queste gare  sono gli amatori i runner di tutti. i giorni. E no, non chiamateli tapascioni, per piacere. Il popolo dei runner, quelli che tra famiglia e lavoro, tra sacrifici e pochissimo tempo libero, con il sacro fuoco della corsa nel cuore e nella testa, macinano chilometri su chilometri per sfogare la loro passione e tagliare il traguardo dopo i fatidici 42,195 km o i 21,0975 della mezza maratona.

Per molti, la corsa è un’ancora di salvezza, un modo per staccare dalla frenesia della vita quotidiana. È un momento di solitudine e riflessione, un dialogo con se stessi che nessuno può interrompere. È il rumore dei propri passi che battono sull’asfalto, il ritmo del respiro che diventa una melodia ipnotica, un viaggio interiore che non conosce confini.
Quindi, smettiamola di usare termini sminuenti come “tapascione”. Riconosciamo invece il valore della dedizione, della passione, del sacrificio. Chi corre lo fa per mille motivi diversi, ma tutti meritano rispetto e ammirazione.

in conclusione

Chiamateli runner
Per favore, chiamateli, chiamiamoci semplicemente runner. Non riduciamo una passione così grande e complessa a un termine così piccolo e ridicolo. Perché dietro ogni runner c’è una storia, un sacrificio, una passione che merita rispetto. Non importa se corriamo per vincere o semplicemente per finire la gara. L’importante è correre, con il cuore, con l’anima, con tutto ciò che abbiamo. E questo, cari miei, è tutto tranne che essere un tapascione.

 

Buona corsa Runner!

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