
C’è una cosa che odio più di un paio di scarpe sbagliate o di una maratona sotto il sole a 40°C: gli infortuni. Sì, perché quando sei fuori gioco, non solo ti ritrovi a guardare gli altri correre su Strava (come un maniaco che sbircia dalla finestra), ma ti sembra proprio di vivere la vita di qualcun altro. E lasciatemi dire, non è una bella vita.
Ammettiamolo, l’infortunio nella corsa è uno schiaffo in faccia. Ti svegli la mattina e… niente corsa. La tua routine, quella che tanto amavi, va a farsi benedire. E la mente? Beh, la mente ci mette un sacco a riprendersi. È come se il tuo cervello dicesse: “Ma dai, un altro giorno senza correre? Stai scherzando, vero?”
Ho spinto troppo forte? Mi sono allenato male? Forse ho alzato i carichi troppo veloce
mente?
Io ci sono passato, più volte. E non sto parlando di quegli infortuni “da niente” che ti fermano per un paio di giorni. Parlo di quelli che ti mettono davvero alla prova, dove ti chiedi: “Ma perché proprio a me? Ho mica fatto un torto agli dei della corsa?”
Se nei primi anni facevo di tutto pur di tornare a correre il prima possibile, oggi la situazione è diversa. Non è che non me la prendo più, eh. La rabbia c’è sempre, ma ho imparato a fermarmi e farmi delle domande. Domande intelligenti, non quelle del tipo ‘perché il mondo ce l’ha con me?’.
Mi chiedo: “Perché mi sono infortunato?”
Ho spinto troppo forte? Mi sono allenato male? Forse ho alzato i carichi troppo velocemente? Queste domande sono cruciali, perché mi aiutano a prevenire gli errori e a tornare più forte di prima. E no, non è solo una frase motivazionale da bar. È la verità.

L’infortunio è il momento perfetto per migliorare, non solo per recuperare.
La vera sfida è rimanere ottimisti.
in conclusione

Hai mai fatto il grande passo e ti sei chiesto perché ti sei infortunato? Sei riuscito a identificare le cause e a evitare che ricapiti? No, perché se la risposta è “nah, è stata solo sfortuna”, allora abbiamo un problema.