Nell’era dell’iperconsumismo, una provocazione è emersa di recente dai settori economici: lo sport e, in particolare, attività come il ciclismo o la corsa, sarebbero un “disastro” per l’economia. La riflessione è nata dalle parole del direttore generale della Euro Exim Bank Ltd., che ha sottolineato come il ciclista – e per estensione, chiunque scelga uno stile di vita salutare e attivo – generi un impatto economico opposto rispetto a chi si affida a consumi legati all’automobile e allo stile di vita sedentario.
Ma è davvero così? Scegliere di correre o pedalare può essere percepito come un problema per l’economia? E cosa dice questo modello consumistico sulla nostra società?
Lo Sportivo come Cittadino “Anti-Consumo” Immaginiamo un runner o un ciclista medio:

Non compra automobili di frequente: evita mutui, finanziamenti, e relativi interessi bancari.
Non spende per carburante: riduce i costi legati ai combustibili fossili, con un impatto positivo sull’ambiente ma un calo per l’industria petrolifera.
Non necessita di parcheggi, manutenzioni frequenti e assicurazioni elevate: spese che un veicolo a motore richiede costantemente.
In termini di salute, poi, una persona attiva tende a evitare (o ritardare) malattie croniche. Questo significa meno acquisto di medicinali e meno visite ospedaliere, meno ricorso a specialisti, riducendo di fatto uno dei principali settori di profitto economico moderno: quello farmaceutico e sanitario.
Se osserviamo il punto di vista economico tradizionale, è chiaro che il modello si basa su consumi continui e crescenti.
Più acquisti, più movimenti finanziari, più servizi richiesti. E qui arriva il paradosso: il mantenersi sani, attraverso l’attività fisica e scelte di vita più sostenibili, mette in crisi il sistema basato sulla produzione e sul consumo costante.
Chi corre, va in bici o pratica sport potrebbe essere definito un “anti-consumatore”, ma ciò non significa che non investa nell’economia. Infatti:
- Compra abbigliamento sportivo, accessori, attrezzature. Questo alimenta l’industria dell’outdoor e dello sport.
- Partecipa a gare, maratone e eventi sportivi, generando un impatto economico rilevante per le città ospitanti (hotel, ristorazione, turismo).
- Spesso opta per cibi freschi e di qualità, sostenendo l’economia agricola e i prodotti locali, anziché il fast food.
Lo Sport è un’Antitesi all’Economia Consumistica?


La Salute come Investimento Sociale
Il benessere di una popolazione attiva e sana ha effetti positivi che vanno oltre l’economia strettamente misurabile:
Migliore produttività: Una persona in salute è più produttiva, meno soggetta a giorni di malattia, e in generale contribuisce meglio al proprio ambiente lavorativo.
Riduzione della spesa pubblica sanitaria: Sistemi sanitari meno sovraccarichi significano meno costi per il contribuente e una maggiore disponibilità di risorse per chi ne ha realmente bisogno.
Valorizzazione degli spazi pubblici: Parchi, percorsi pedonali e ciclabili migliorano la vivibilità delle città e incentivano uno stile di vita più attivo.
in conclusione

Scegliere di correre, fare sport e vivere in modo attivo è, dunque, quasi un atto di ribellione nei confronti dell’economia consumistica tradizionale.
È scegliere la salute, la sostenibilità e una vita più semplice, anziché il consumo fine a sé stesso. E questo, di fatto, non impoverisce l’economia, ma la evolve: richiede che essa si adatti a nuovi valori, più compatibili con il benessere collettivo e il rispetto per l’ambiente.
Chi corre non è un “disastro economico”. È, al contrario, parte di una transizione verso un’economia che premia la salute, la resilienza e la sostenibilità. E forse, il vero disastro sarebbe continuare su una strada che vede la salute dei cittadini come una minaccia piuttosto che come una risorsa.